Un’eccitante sensazione di essere predestinato a qualcosa di impensabile, da alcuni giorni frulla nella mente di Bergamino. La vicinanza del Moro, le attenzioni che riceve dalla duchessa, la carica di consigliere, il gusto dell’atmosfera raffinata e non convenzionale della corte rinascimentale e, soprattutto, il fatto che Cecilia non sia tutt’ora richiesta dal nobile signore occupatissimo per la discesa in Italia di Carlo VIII, fanno sì che delle questioni principali per cui i coniugi Carminati si sono insediati a palazzo, per ora non se ne parli. Le ambizioni e le mire espansionistiche di Ludovico il Moro frantumano i rapporti di forza tra gli stati italiani ed accelerano il processo di penetrazione estera. Stringe un’alleanza con il re di Francia, ne favorisce l’invasione promettendogli un appoggio militare e finanziario per conquistare il regno di Napoli. Conquistata Rapallo, annientata la flotta napoletana, Carlo VIII nel Palazzo di Asti riceve i suoi sostenitori tra cui Ludovico Sforza con la moglie Beatrice d’Este e Cecilia, il duca d’Este e Giacomo Trotti. Bergamino, impegnato con l’esercito ducale, sta occupandosi delle bombarde e non è presente. Le due donne, dalla sera del ballo, sono amicissime. Stentano a credere che quell’essere che li riceve sia il re, stortignaccolo, brutto di volto, con quegli occhi grossi e sporgenti, il naso enorme e le labbra grosse tenute aperte anche quando parla molto lentamente, quasi incomprensibile. Eppure le notizie ricevute dicono che in patria è ben voluto e ammirato per la gagliardia con cui gioca a palla, va a caccia e pratica la giostra, esercizi ai quali dedica , sembra, molto del suo tempo.